Il tumore ovarico
- Cosa è
- Come accorgersi
- I fattori di rischio
- Come si classificano
- Come si fa la diagnosi
- Chirurgia
- Radioterapia
- I controlli
- Il rischio di recidiva
- Il tumore metastatico
Le ovaie sono due organi delle dimensioni di circa 3 cm situate una destra e una a sinistra dell’utero e connesse ad esso tramite le tube. Hanno una duplice funzione: riproduttiva tramite la produzione degli ovociti ed endocrina tramite la produzione degli ormoni sessuali femminili, estrogeni e progesterone.
Il tumore dell’ovaio è dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule dell’organo.
L’80-90% dei tumori ovarici insorge in donne di età compresa tra 20 e 65 anni e nella maggioranza dei casi si tratta di tumori benigni.
L’incidenza varia nelle diverse aree geografiche, ma i tassi più elevati si registrano in Europa e nel Nord America.
Il tumore ovarico generalmente non provoca sintomi nelle fasi iniziali, pertanto è difficile una diagnosi precoce. I sintomi sono presenti generalmente quando la malattia è in stadio avanzato, ma sono spesso aspecifici. I sintomi più frequenti possono essere dolori addominali, gonfiore addominale, disturbi dell’alvo quale stipsi e della minzione come frequente bisogno di urinare. Sintomi meno frequenti sono inappetenza, nausea, stanchezza, dimagrimento e perdite ematiche vaginali.
I meccanismi che trasformano una cellula della ghiandola mammaria in una cellula cancerosa non sono ancora stati chiariti: nella maggior parte dei casi, infatti, l’insorgenza della malattia è imprevedibile e non se ne conoscono le cause. Sono però ben noti i fattori di rischio: quelle condizioni, cioè, che aumentano le probabilità di ammalarsi. Il primo è l’età, come dimostra il fatto che il circa 75% delle donne sviluppa il tumore dopo i 50 anni. Il secondo fattore di rischio è la familiarità: circa il 10% delle donne colpite ha precedenti in famiglia. Segue la predisposizione genetica: sostenuta dalle mutazioni in alcuni geni – in particolare BRCA1, BRCA2 e p53 – sono alla base di oltre la metà delle forme ereditarie di tumore al seno (e anche delle ovaie)
Anche l’uso della pillola anticoncezionale può rappresentare un fattore di rischio: i dati mostrano un lieve aumento delle probabilità di sviluppare il tumore al seno, valutato nel 15-25% da uno studio condotto per l’Organizzazione mondiale della sanità nel 2008. Il rischio, comunque, si azzera dopo 10 anni di interruzione della pillola. L’uso dell’anticoncezionale orale, inoltre, sembra abbassare le probabilità di sviluppare il tumore alle ovaie.
Un importante fattore è poi l’obesità: essere obese o molto in sovrappeso e presentare del grasso addominale aumenta le probabilità di sviluppare il cancro al seno durante la menopausa e rende più difficile interpretare le mammografie.
I tumori ovarici comprendono diverse istologie e si dividono in epiteliali, germinali e stromali. I tumori epiteliali sono i più frequenti (circa il 60% delle neoplasie ovariche), derivano dalle cellule epiteliali che rivestono la superficie delle ovaie e colpiscono generalmente donne in menopausa. I tumori germinali derivano dalle cellule germinali che danno origine agli ovuli, rappresentano circa il 5% delle neoplasie ovariche e colpiscono donne in giovane età (infanzia e adolescenza). Questi tumori sono caratterizzati dalla produzione di marcatori tumorali dosabili nel sangue diversi da quelli presenti nelle neoplasia epiteliali. I tumori stromali sono neoplasie più rare (circa il 4% dei tumori ovarici) che originano dallo stroma gonadico e sono generalmente associati a miglior prognosi.
Gli esami diagnostici prevedono l’esame clinico con visita ginecologica, l’ecografia transvaginale e il dosaggio ematico di marcatori tumorali quali il CA125 che può essere elevato nelle forme epiteliali. Altri marcatori (quali CEA e CA19.9) possono essere utili per la diagnosi differenziale con altre neoplasie oppure per le neoplasie ovariche di tipo germinale o stromale (ad esempio alfaFP, betaHCG). Esami di secondo livello sono la TC torace-addome e la PET che permettono di valutare l’estensione di malattia e l’eventuale presenza di metastasi a distanza.
La chirurgia ha un ruolo fondamentale nel trattamento del tumore ovarico. L’intervento chirurgico ha l’obiettivo di confermare la diagnosi tramite accertamento istopatologico, permettere una accurata valutazione dell’estensione addominale di malattia e, quando possibile, rimuovere radicalmente la malattia. L’approccio chirurgico prevede una laparotomia e l’asportazione di tutta la malattia visibile.
La chirurgia conservativa può essere presa in considerazione in alcuni casi in donne in età fertile previa discussione con il ginecologo oncologo anche il relazione al desiderio riproduttivo.
L’annessiectomia bilaterale preventiva, ossia asportazione di tube e ovaie, è consigliata in donne portatrici dei geni BRCA1/2 che hanno esaurito il desiderio di prole o superato l’età fertile in quanto riduce il rischio di tumore ovarico dell’80%.
La radioterapia nel tumore ovarico trova indicazione nel trattamento di sintomi legati a lesioni metastatiche quali il dolore osseo, la dispnea in caso di coinvolgimento di linfonodi mediastinici oppure in presenza di secondarismi cerebrali. La radioterapia può essere eseguita in una o più sedute a seconda della sede, dell’estensione della malattia e della dose che è necessario erogare.
Dopo l’intervento chirurgico e, se necessaria, la terapia medica è importante eseguire regolari controlli per il riscontro precoce di recidive. I controlli avvengono ogni 4-6 mesi per i primi 5 anni e annualmente dopo i 5 anni. Prevedono l’esecuzione di una visita clinica e ginecologica, l’esecuzione di una ecografia transvaginale e addominale, il dosaggio di marcatori tumorali ematici quale il CA125 e, in caso di aumento del marcatore e/o se ritenuto clinicamente indicato dal ginecologo o dall’oncologo curante, l’esecuzione di una TC. La pianificazione del follow-up dipende comunque dal tipo istologico, dallo stadio e dai precedenti trattamenti.
Il rischio di recidiva dipende da molti fattori tra cui il tipo istologico, caratteristiche biologiche e stadio di malattia, la presenza di mutazioni dei geni BRCA1 o BRCA2 ed età della paziente. Inoltre la persistenza di elevati valori di CA125 dopo l’intervento chirurgico è riconosciuto come fattore prognostico sfavorevole. In generale il rischio di recidiva diminuisce con il passare del tempo.
Quando il tumore è in stadio avanzato e non asportabile chirurgicamente, il trattamento di scelta è la chemioterapia. I farmaci maggiormente utilizzati sono carboplatino e paclitaxel a cui è possibile associare un anticorpo antiangiogenetico chiamato bevacizumab. La scelta del trattamento dipende dall’età della paziente, dalle condizioni generali, dalla presenza di patologie concomitanti e dallo stadio di malattia.
Diversi farmaci chemioterapici sono disponibili per le recidive e vengono scelti in base alle caratteristiche della paziente ed ai trattamenti precedenti.
Inoltre un’altra classe di farmaci è recentemente entrata a far parte dell’armamentario terapeutico: i PARP inibitori. Sono farmaci biologici assunti per via orale che possono essere utilizzati come terapia di mantenimento al termine del trattamento chemioterapico e che hanno dimostrato un vantaggio significativo di sopravvivenza, soprattutto in donne portatrici di mutazione di BRCA1 o BRCA2.