Il tumore dell’utero
- Cosa è
- Come accorgersi
- I fattori di rischio
- Come si classificano
- Come si fa la diagnosi
- Chirurgia
- Radioterapia
- I controlli
- Il rischio di recidiva
- Il tumore metastatico
Si tratta di un tumore che si forma nell’utero, l’rogano deputato ad accogliere il feto in gravidanza. L’utero è costituito da due parti: una parte superiore, più larga, detta corpo e una parte inferiore, detta collo o cervice, che collega il corpo uterino con la vagina. Il corpo uterino è costituito da un rivestimento interno, chiamato endometrio e formato da cellule epiteliali e ghiandolari, e da uno strato più esterno, chiamato miometrio, formato da cellule muscolari.
I tumori del corpo dell’utero originano più frequentemente dall’endometrio, colpiscono generalmente donne in menopausa e rappresentano il quarto tumore più frequente nel sesso femminile.
Il segno più frequente del tumore uterino è il sanguinamento vaginale anomalo, ad esempio in menopausa, post-coitale o in un momento diverso rispetto al normale flusso mestruale in donne in età fertile. Questo disturbo si presenta spesso quando la malattia è ancora in stadio iniziale rendendo possibile la diagnosi quando la malattia è confinata all’utero nella maggioranza dei casi. Altri sintomi possono essere perdite vaginali maleodoranti o dolori a livello pelvico o lombare.
Per i tumori dell’utero sono riconosciuti fattori di rischio ambientali, ormonali ed eredo familiari. Tra i primi si riconoscono età, obesità, ipertensione arteriosa, un regime alimentare ricco di grassi animali e il diabete mellito. I fattori di rischio ormonali sono legati all’eccesso di estrogeni non bilanciati dal progesterone. Infatti possono incrementare il rischio di tumore dell’endometrio condizioni che aumentano l’esposizione agli estrogeni quali menarca precoce, menopausa tardiva, mancanza di gravidanze e terapie ormonali sostitutive a base di soli estrogeni. Invece la pillola anticoncezionale con un dosaggio bilanciato di estrogeno e progesterone costituisce un fattore protettivo. Tra i fattori eredo familiari la sindrome di Lynch è associata ad un aumentato rischio di tumore dell’endometrio nel 40-60% dei casi, anche in donne in età fertile.
Il tipo più frequente di tumore dell’utero è l’adenocarcinoma che origina dalle cellule ghiandolari dell’endometrio e rappresenta circa l’80% dei casi. Altre forme più rare e a prognosi peggiore che originano dell’endometrio sono il carcinoma sieroso, il carcinoma a cellule chiare, il carcinoma mucinoso, il carcinoma indifferenziato e il carcinosarcoma. Meno frequenti sono i sarcomi uterini. Questi comprendono i leiomiosarcomi che originano dalle cellule del miometrio e i sarcomi endometriali stromali che originano dal tessuto connettivo e costituiscono circa l’1% dei tumori uterini.
L’ecografia transvaginale è il primo esame a cui sottoporre la paziente in caso di sospetto tumore dell’utero. Qualora l’ecografia evidenziasse ispessimenti sospetti, si esegue un esame chiamato isteroscopia che permette, tramite una piccola videocamera, di visualizzare direttamente la cavità uterina e di prelevare piccoli campioni di tessuto tramite biopsia che vengono analizzati al microscopio. Gli esami radiologici quali TC, RMN e PET sono utili per definire l’estensione locale della malattia, l’eventuale presenza di metastasi a distanza e programmare la migliore strategia terapeutica.
La chirurgia rappresenta il principale trattamento per i tumori uterini e consiste nell’asportazione dell’organo (isterectomia) per via addominale tramite un’incisione della parete addominale (laparotomia), in laparoscopia oppure per via vaginale. In caso di malattia in stadio più avanzato e di donne in menopausa, l’intervento chirurgico può prevedere anche l’asportazione delle ovaie.
La radioterapia è un trattamento locale che utilizza radiazioni ad alta energia per eliminare cellule tumorali. Può essere un trattamento alternativo alla chirurgia in pazienti non operabili per alto rischio operatorio legato ad età e/o patologie concomitanti oppure per estensione di malattia. Inoltre la radioterapia può essere utilizzata dopo l’intervento chirurgico in base allo stadio di malattia ed alla presenza di fattori di rischio con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidiva locale della neoplasia. Per il tumore dell’utero si possono utilizzare due tecniche: la radioterapia a fasci esterni e la brachiterapia. La prima si basa sulla somministrazione di radiazioni provenienti da una fonte posta all’esterno della paziente. La brachiterapia prevede l’introduzione in vagina di piccoli ovuli che rilasciano radiazioni.
Dopo l’intervento chirurgico e, se necessarie, la radio e la chemioterapia, è importante eseguire regolari controlli per il riscontro precoce di recidive. I controlli avvengono ogni 4-6 mesi per i primi 5 anni e annualmente dopo i 5 anni. Prevedono l’esecuzione di una visita clinica e ginecologica, l’esecuzione di una ecografia transvaginale e addominale e, se ritenuto clinicamente indicato dal ginecologo o dall’oncologo curante, l’esecuzione di una TC. La pianificazione del follow-up dipende comunque dal tipo istologico, dallo stadio e dai precedenti trattamenti.
Il rischio di recidiva dipende da diversi fattori, i principali sono il tipo e il grado istologico, lo stadio di malattia, il coinvolgimento dei linfonodi, l’interessamento del miometrio, l’interessamento della cervice, degli spazi linfatici e vascolari. Sulla base del rischio di recidiva, lo specialista valuta la necessità di un trattamento post-operatorio, radio e/o chemioterapico, e la pianificazione dei controlli.
Quando la malattia è in stadio metastatico e non asportabile chirurgicamente, il trattamento principale è la chemioterapia. I farmaci maggiormente utilizzati sono carboplatino e paclitaxel, ma diversi nuovi farmaci sono in fase di studio. I più promettenti sono gli immunoterapici. Si tratta di anticorpi che, invece di uccidere direttamente le cellule tumorali, stimolano il sistema immunitario a combattere contro la malattia. In casi selezionati può essere utilizzata l’ormonoterapia.